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ideazione e realizzazione: Riccardo Fazi, Claudia Sorace

assistenza tecnica: Maria Elena Fusacchia, Alfredo Ritondale, Massimo Troncanetti

vestiti di scena: Fiamma Benvignati

organizzazione: Manuela Macaluso, Martina Merico, Maura Teofili
con Oya Bacak, Chiara Caimmi, Riccardo Fazi, Vito Gennaro Giacalone, Valia La Rocca, Ilaria Mancia, Cristina Rocchetti, Valerio Sirna
produzione Muta Imago 2011
Succede spesso nei sogni. Camminiamo, ma c’è qualcosa che impedisce il passo, che trattiene i muscoli. E siccome nei sogni è sempre vera una cosa e insieme il suo opposto, si cammina, ma nello stesso tempo non si riesce a camminare. Si procede, ma non si arriva mai.
Di giorno tutto sembra più lineare. Mi pongo degli obiettivi, mi prefiggo degli scopi, il percorso sembra chiaro. Così la mattina mi alzo, mi lavo, mi vesto e inizio la mia giornata. Mi muovo, cammino, faccio tutte le attività dovute. Giro da una parte all’altra.

A volte il movimento è frenetico, altre meno, ma sempre continuo. Scivolo senza accorgermene in un incantamento, dove non c’è esito al camminare, non c’è meta allo spostamento. Come raccontava quel sogno: la strada procede senza arrivo, e io continuo con il mio incedere.
Continua l’indagine sulla relazione tra l’uomo e lo spazio. In particolare la questione ora si concentra sul continuo movimento a cui siamo costretti. Che qualita’ ha il nostro continuo spostarci nello spazio? Che sensazioni evoca?

L’impressione di un movimento continuo, moltiplicato, numeroso: il suo scintillio, la sua delicatezza armonica. Una quantità in(de)finita di figure attraversa uno spazio finito, un taglio di spazio, un’inquadratura. Il loro movimento è ininterrotto, ininterrotte ne sono le direzioni e la visione. Questa è la proiezione. Dietro di essa un movimento circolare, unidirezionale e quindi senza direzione. Un falso movimento che genera l’impressione di un movimento reale. Crediamo di muoverci, in realtà stiamo fermi.