Racconti Americani/
Fare un fuoco
regia Claudia Sorace
drammaturgia sonora e voce narrante Riccardo Fazi
musica originale V. L. Wildpanner
video Maria Elena Fusacchia
produzione Muta Imago 2015
con il sostegno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – direzione generale spettacolo.
Sono le nove del mattino.
Il luogo è uno dei più freddi sulla faccia della terra.
Un uomo solo, accompagnato dal suo cane, attraversa una valle interamente coperta di neve, seguendo le tracce di un torrente ghiacciato. Deve raggiungere il campo base, e i suoi amici, entro sera. La temperatura è bassissima, sessanta gradi sotto lo zero. Il buon senso e il sapere popolare suggerirebbero di muoversi esclusivamente in gruppo, o di restare fermi, in attesa che la temperatura risalga.
Eppure l’uomo ha deciso di andare: con sé ha solo due gallette impregnate di lardo fuso, avvolte in un fazzoletto e appoggiate sulla nuda pelle.
Deve muoversi in continuazione, per non congelare, ma allo stesso tempo deve stare attento ad ogni singolo passo: ad una temperatura così bassa, non si può commettere nessun errore.
Ma a un certo punto, succede: l’uomo mette un piede in fallo, rompe il sottile strato di ghiaccio su cui stava camminando e si bagna i piedi. Sessanta gradi sotto zero.
Per sopravvivere deve preparare un fuoco, e farlo in fretta.
Il luogo è uno dei più freddi sulla faccia della terra.
Un uomo solo, accompagnato dal suo cane, attraversa una valle interamente coperta di neve, seguendo le tracce di un torrente ghiacciato. Deve raggiungere il campo base, e i suoi amici, entro sera. La temperatura è bassissima, sessanta gradi sotto lo zero. Il buon senso e il sapere popolare suggerirebbero di muoversi esclusivamente in gruppo, o di restare fermi, in attesa che la temperatura risalga.
Eppure l’uomo ha deciso di andare: con sé ha solo due gallette impregnate di lardo fuso, avvolte in un fazzoletto e appoggiate sulla nuda pelle.
Deve muoversi in continuazione, per non congelare, ma allo stesso tempo deve stare attento ad ogni singolo passo: ad una temperatura così bassa, non si può commettere nessun errore.
Ma a un certo punto, succede: l’uomo mette un piede in fallo, rompe il sottile strato di ghiaccio su cui stava camminando e si bagna i piedi. Sessanta gradi sotto zero.
Per sopravvivere deve preparare un fuoco, e farlo in fretta.
La trama di questo racconto di Jack London di fatto si esaurisce qui, è chiara fin dalle prime pagine.
Non ci sono altri personaggi, oltre al misterioso protagonista, non ci sono cambi di luogo o di tempo, non ci sono prologhi né epiloghi. C’è solo la grandiosa fissità di una natura ostile, selvaggia. C’è solo il movimento continuo del protagonista. C’è solo un cielo grigio, senza sole, le cime degli alberi coperti di neve, lo scricchiolio del ghiaccio sotto ai piedi. C’è solo il freddo e il silenzio, c’è un solo pensiero: sopravvivere.
Malgrado questa incredibile semplicità di azione, la scrittura secca, precisa, netta dello scrittore americano ci tiene inchiodati dalla prima all’ultima parola, mentre passo dopo passo procediamo lungo il sentiero insieme al protagonista senza nome, verso la sua inevitabile conclusione.
La trama di preparare un fuoco è come la punta di un iceberg: ciò che esiste sembra essere solo ciò che vediamo, ma è sotto la superficie che si nasconde la grandezza. Mettendo in scena il confronto tra l’uomo e la natura, tra l’istinto e la ragione, London attiva una riflessione potente e profonda sul rapporto che l’uomo instaura con se stesso e con i propri limiti, sulla spinta folle che ci muove, sul fuoco che brucia dentro di noi e sugli sforzi che bisogna compiere perché possa rimanere acceso.
Per questo abbiamo deciso di passare del tempo con questo racconto. Lo abbiamo letto, ad alta voce, parecchie volte. Ce ne siamo innamorati. E abbiamo deciso di costruire un’installazione video-sonora ispirata ad esso.
Lo spazio dell’installazione è essenziale. A circa due metri dal pavimento, sospesa, una grande lente semi-trasparente: una nuvola, un contenitore di immagini, una finestra verso l’altrove del racconto.
Gli spettatori per quaranta minuti potranno farsi trasportare lontano attraverso le immagini video, i suoni e le parole del testo, che verrà restituito nella sua interezza.
Ma non si tratterà semplicemente di restituire in immagini e suoni dei diversi momenti del testo, piuttosto di tradurre nel linguaggio sonoro, video e musicale le tensioni che abitano il racconto, il suo andamento ritmico, il suo movimento, così da riuscire ad attivare nello spettatore le stesse sensazioni del protagonista del racconto.
Non vogliamo soltanto raccontare una storia.
Vogliamo immaginare di di essere lì, in carne e ossa.
Non ci sono altri personaggi, oltre al misterioso protagonista, non ci sono cambi di luogo o di tempo, non ci sono prologhi né epiloghi. C’è solo la grandiosa fissità di una natura ostile, selvaggia. C’è solo il movimento continuo del protagonista. C’è solo un cielo grigio, senza sole, le cime degli alberi coperti di neve, lo scricchiolio del ghiaccio sotto ai piedi. C’è solo il freddo e il silenzio, c’è un solo pensiero: sopravvivere.
Malgrado questa incredibile semplicità di azione, la scrittura secca, precisa, netta dello scrittore americano ci tiene inchiodati dalla prima all’ultima parola, mentre passo dopo passo procediamo lungo il sentiero insieme al protagonista senza nome, verso la sua inevitabile conclusione.
La trama di preparare un fuoco è come la punta di un iceberg: ciò che esiste sembra essere solo ciò che vediamo, ma è sotto la superficie che si nasconde la grandezza. Mettendo in scena il confronto tra l’uomo e la natura, tra l’istinto e la ragione, London attiva una riflessione potente e profonda sul rapporto che l’uomo instaura con se stesso e con i propri limiti, sulla spinta folle che ci muove, sul fuoco che brucia dentro di noi e sugli sforzi che bisogna compiere perché possa rimanere acceso.
Per questo abbiamo deciso di passare del tempo con questo racconto. Lo abbiamo letto, ad alta voce, parecchie volte. Ce ne siamo innamorati. E abbiamo deciso di costruire un’installazione video-sonora ispirata ad esso.
Lo spazio dell’installazione è essenziale. A circa due metri dal pavimento, sospesa, una grande lente semi-trasparente: una nuvola, un contenitore di immagini, una finestra verso l’altrove del racconto.
Gli spettatori per quaranta minuti potranno farsi trasportare lontano attraverso le immagini video, i suoni e le parole del testo, che verrà restituito nella sua interezza.
Ma non si tratterà semplicemente di restituire in immagini e suoni dei diversi momenti del testo, piuttosto di tradurre nel linguaggio sonoro, video e musicale le tensioni che abitano il racconto, il suo andamento ritmico, il suo movimento, così da riuscire ad attivare nello spettatore le stesse sensazioni del protagonista del racconto.
Non vogliamo soltanto raccontare una storia.
Vogliamo immaginare di di essere lì, in carne e ossa.
Racconti americani è un progetto che unisce tre “racconti per suoni e immagini” ispirati ad altrettante opere letterarie, legate dal tema del conflitto.
Ognuno di questi “racconti per suoni e immagini” è presentato all’interno di un’ installazione scenografica particolare costruita in relazione al tema specifico.
Li accomuna la stessa modalità di restituzione: una voce narrante, una colonna sonora e un video originali. La volontà è quella di creare esperienze immersive che puntino a suscitare una piena immedesimazione tra gli spettatori e i protagonisti dei racconti e a riscoprire la bellezza della dimensione orale, della semplice narrazione di una storia.
I tre racconti possono essere presentati non solo in spazi teatrali, ma anche in luoghi alternativi, come stanze, gallerie d’arte, cinema, spazi enormi o piccoli, al chiuso o all’aperto. Possono essere presentati singolarmente, o tutti insieme. Possono accompagnare l’intera programmazione di un festival (immaginando una presentazione al giorno, ogni giorno un racconto) o accadere, uno dopo l’altro o contemporaneamente, nella stessa giornata.
Non c’è limite di pubblico, né di modalità di fruizione: questi racconti si possono vedere e ascoltare sdraiati a terra, in piedi, seduti, da soli o tra mille persone.
Ognuno di questi “racconti per suoni e immagini” è presentato all’interno di un’ installazione scenografica particolare costruita in relazione al tema specifico.
Li accomuna la stessa modalità di restituzione: una voce narrante, una colonna sonora e un video originali. La volontà è quella di creare esperienze immersive che puntino a suscitare una piena immedesimazione tra gli spettatori e i protagonisti dei racconti e a riscoprire la bellezza della dimensione orale, della semplice narrazione di una storia.
I tre racconti possono essere presentati non solo in spazi teatrali, ma anche in luoghi alternativi, come stanze, gallerie d’arte, cinema, spazi enormi o piccoli, al chiuso o all’aperto. Possono essere presentati singolarmente, o tutti insieme. Possono accompagnare l’intera programmazione di un festival (immaginando una presentazione al giorno, ogni giorno un racconto) o accadere, uno dopo l’altro o contemporaneamente, nella stessa giornata.
Non c’è limite di pubblico, né di modalità di fruizione: questi racconti si possono vedere e ascoltare sdraiati a terra, in piedi, seduti, da soli o tra mille persone.