(a+b)3
drammaturgia e suono: Riccardo Fazi
realizzazione scena: Massimo Troncanetti
direzione tecnica: Maria Elena Fusacchia
vestiti di scena: Fiamma Benvignati
registrazioni audio: Federica Giuliano
con Riccardo Fazi, Claudia Sorace
produzione Muta Imago 2007
Plinio il Vecchio racconta che la pittura nacque quando una ragazza ricalcò il contorno dell’ombra del suo giovane innamorato sulla parete della sua stanza. Il ragazzo sarebbe partito la mattina successiva, allora lei, la notte, tenendo la lanterna vicino al viso di lui e vedendo proiettarsi un’ombra sul muro, disegnò i contorni della sua ombra.
Forse questa storia non continua come la fa continuare Plinio il Vecchio, con il padre della ragazza che realizza un ritratto d’argilla a partire dal disegno della figlia (così, si racconta, nasce la scultura).
Forse questa storia continua a partire dal gesto di lei, dal tentativo di trattenere qualcosa che sfugge, che non si può afferrare. Come quando cade un oggetto qualsiasi, e stiamo per afferrarlo, la mano lo sfiora di poco, ma non si riesce a prenderlo, cade.
Questi due gesti nascono dalla stessa necessità, ma non c’è consolazione in nessuno dei due. L’immagine che rimane sul muro non dà pace quando manca il corpo che l’ha generata. L’ombra ha trasportato il viso di lui sulla parete, ma l’ombra è falsa, inganna e confonde. Euridice abbraccia l’aria, dimenando le braccia, che finiscono per richiudersi su lei stessa. Anche lei vuole trattenere, afferrare, fermare, ma il suo movimento non trova un corpo, continua ad annaspare le braccia nel vuoto senza arrivare a qualcosa che fermi il suo cercare. Questi gesti raccontano l’eterna ricerca di un’assenza e il tentativo di tracciare un confine che possa sancire una presenza.
Claudia Sorace