Racconti Americani/
Bartleby
regia: Claudia Sorace
drammaturgia sonora e voce narrante: Riccardo Fazi
musica originale: V. L. Wildpanner
video: Maria Elena Fusacchia
produzione: Muta Imago, Festival Notafee (EE), Mibact
residenza artistica: Q-02 (BE)
con il sostegno di: Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – direzione generale spettacolo.
Bartleby è il secondo capitolo della trilogia dei Racconti Americani: un nuovo racconto per suono e immagini ispirato al celeberrimo racconto omonimo di Herman Melville.
Dopo Fare un fuoco di Jack London, racconto che metteva in scena il conflitto tra l’uomo e la natura, abbiamo deciso di affrontare il tema del confronto tra l’uomo e la società.
Il racconto è narrato in prima persona da un anziano avvocato che presenta la storia dell’uomo più strano che egli abbia mai incontrato: Bartleby, uno scrivano da lui assunto che lentamente finisce per cambiare il suo mondo.
All’inizio lo scrivano produce un grande volume di lavoro: copia documenti senza sosta, senza mai fermarsi, nemmeno per mangiare. Ma un giorno, quando gli viene richiesto di svolgere un compito particolare, Bartleby risponde con quella che presto diventerà la sua risposta ad ogni tipo di richiesta: “Avrei preferenza di no.” A partire da quel momento Bartleby inizia a svolgere sempre meno lavoro, fino ad arrivare a fermarsi completamente e a non fare più nulla se non occupare il suo piccolo angolo nell’ufficio dell’avvocato.
Dopo Fare un fuoco di Jack London, racconto che metteva in scena il conflitto tra l’uomo e la natura, abbiamo deciso di affrontare il tema del confronto tra l’uomo e la società.
Il racconto è narrato in prima persona da un anziano avvocato che presenta la storia dell’uomo più strano che egli abbia mai incontrato: Bartleby, uno scrivano da lui assunto che lentamente finisce per cambiare il suo mondo.
All’inizio lo scrivano produce un grande volume di lavoro: copia documenti senza sosta, senza mai fermarsi, nemmeno per mangiare. Ma un giorno, quando gli viene richiesto di svolgere un compito particolare, Bartleby risponde con quella che presto diventerà la sua risposta ad ogni tipo di richiesta: “Avrei preferenza di no.” A partire da quel momento Bartleby inizia a svolgere sempre meno lavoro, fino ad arrivare a fermarsi completamente e a non fare più nulla se non occupare il suo piccolo angolo nell’ufficio dell’avvocato.
Abbiamo deciso di partire da questa semplice storia ambientata a metà Ottocento in un ufficio al piano terra di Wall Street per investigare il profondo significato nascosto dietro al gesto del protagonista e per sperimentare una nuova maniera di tradurre e restituire le sue conseguenze etiche ed estetiche nella forma di un’installazione video-sonora.
Barleby non è un uomo al passo con i suoi tempi. A un certo momento della sua vita decide che non si adatterà più alle richieste che la società continua a porgli. Smette di essere “aderente”.
Inizia a creare piccole sacche di resistenza contro una modalità di essere lineare, inarrestabile, produttiva.
Innanzitutto, attraverso una rivoluzione nel linguaggio. Utilizzando una formula, e ripetendola all’infinito. Una semplice formula che usa il condizionale (il tempo della possibilità) per iniziare piano piano a sovvertire il mondo. Complessità contro riduzione. Parzialità contro pienezza. Realtà contro utopia.
Come restituire in scena questo dualismo crescente? Cosa significa tradurre in una composizione sonora questa lotta, questa rivoluzione creata con il linguaggio? Come dare forma visiva a questa insurrezione fatta di lentezza, attesa e sfinimento che si confronta con un mondo costruito sulla potenza, l’energia e la produttività?
In scena, un’installazione realizzata ad hoc, una struttura in legno che ricorda allo stesso tempo lo skyline della città di New York e il famigerato “screen” dietro al quale si trova la scrivania di Bartleby. Su questa struttura si poseranno le immagini realizzate a New York da Maria Elena Fusacchia, mentre la voce narrante di Riccardo Fazi, sostenuta dalla colonna sonora di V.L. Wildpanner porterà avanti il racconto, fino alla sua inevitabile conclusione.
Una voce narrante, una colonna sonora e un video originali. Un’esperienza immersiva che punta a suscitare una piena immedesimazione tra gli spettatori e i protagonisti dei racconti. Una modalità contemporanea per riscoprire la bellezza di una forma semplice di narrazione.
Barleby non è un uomo al passo con i suoi tempi. A un certo momento della sua vita decide che non si adatterà più alle richieste che la società continua a porgli. Smette di essere “aderente”.
Inizia a creare piccole sacche di resistenza contro una modalità di essere lineare, inarrestabile, produttiva.
Innanzitutto, attraverso una rivoluzione nel linguaggio. Utilizzando una formula, e ripetendola all’infinito. Una semplice formula che usa il condizionale (il tempo della possibilità) per iniziare piano piano a sovvertire il mondo. Complessità contro riduzione. Parzialità contro pienezza. Realtà contro utopia.
Come restituire in scena questo dualismo crescente? Cosa significa tradurre in una composizione sonora questa lotta, questa rivoluzione creata con il linguaggio? Come dare forma visiva a questa insurrezione fatta di lentezza, attesa e sfinimento che si confronta con un mondo costruito sulla potenza, l’energia e la produttività?
In scena, un’installazione realizzata ad hoc, una struttura in legno che ricorda allo stesso tempo lo skyline della città di New York e il famigerato “screen” dietro al quale si trova la scrivania di Bartleby. Su questa struttura si poseranno le immagini realizzate a New York da Maria Elena Fusacchia, mentre la voce narrante di Riccardo Fazi, sostenuta dalla colonna sonora di V.L. Wildpanner porterà avanti il racconto, fino alla sua inevitabile conclusione.
Una voce narrante, una colonna sonora e un video originali. Un’esperienza immersiva che punta a suscitare una piena immedesimazione tra gli spettatori e i protagonisti dei racconti. Una modalità contemporanea per riscoprire la bellezza di una forma semplice di narrazione.
Racconti americani è un progetto che unisce tre “racconti per suoni e immagini” ispirati ad altrettante opere letterarie, legate dal tema del conflitto.
Ognuno di questi “racconti per suoni e immagini” è presentato all’interno di un’ installazione scenografica particolare costruita in relazione al tema specifico.
Li accomuna la stessa modalità di restituzione: una voce narrante, una colonna sonora e un video originali. La volontà è quella di creare esperienze immersive che puntino a suscitare una piena immedesimazione tra gli spettatori e i protagonisti dei racconti e a riscoprire la bellezza della dimensione orale, della semplice narrazione di una storia.
I tre racconti possono essere presentati non solo in spazi teatrali, ma anche in luoghi alternativi, come stanze, gallerie d’arte, cinema, spazi enormi o piccoli, al chiuso o all’aperto. Possono essere presentati singolarmente, o tutti insieme. Possono accompagnare l’intera programmazione di un festival (immaginando una presentazione al giorno, ogni giorno un racconto) o accadere, uno dopo l’altro o contemporaneamente, nella stessa giornata.
Non c’è limite di pubblico, né di modalità di fruizione: questi racconti si possono vedere e ascoltare sdraiati a terra, in piedi, seduti, da soli o tra mille persone.
Ognuno di questi “racconti per suoni e immagini” è presentato all’interno di un’ installazione scenografica particolare costruita in relazione al tema specifico.
Li accomuna la stessa modalità di restituzione: una voce narrante, una colonna sonora e un video originali. La volontà è quella di creare esperienze immersive che puntino a suscitare una piena immedesimazione tra gli spettatori e i protagonisti dei racconti e a riscoprire la bellezza della dimensione orale, della semplice narrazione di una storia.
I tre racconti possono essere presentati non solo in spazi teatrali, ma anche in luoghi alternativi, come stanze, gallerie d’arte, cinema, spazi enormi o piccoli, al chiuso o all’aperto. Possono essere presentati singolarmente, o tutti insieme. Possono accompagnare l’intera programmazione di un festival (immaginando una presentazione al giorno, ogni giorno un racconto) o accadere, uno dopo l’altro o contemporaneamente, nella stessa giornata.
Non c’è limite di pubblico, né di modalità di fruizione: questi racconti si possono vedere e ascoltare sdraiati a terra, in piedi, seduti, da soli o tra mille persone.